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al testo di Marina Pacifici
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Langue malinconico
il canto della rondine nella selva della Memoria, ammantata di bruma di rimpianto riecheggia nel giorno desolato e fosco. Perduto il nido, smarrita ogni direzione fremente il volo nel dirupare d’ogni illusione, del Ricordo il lacerante grido inonda melodioso e struggente il silenzio del bosco. Svettava maestoso il larice della foresta il sovrano, fra i suoi rami soave e malinconico il silvestre concerto. Pareva il crepuscolo sospeso e lontano gorgheggiava argenteo l’usignolo nell’agreste contrappunto vivaldiano. Volava al suo quieto rifugio a sera la rondinella, l’accoglieva fra braccia frondose paterno ed amorevole il larice nel bacio radioso d’una stella. Dalla notte all’alba Nello sguardo incredulo di gelida primavera la tenebra della sconcerto squarciata dalla folgore. La tempesta improvvisa la quiete devastava il sovrano larice in terra nell’uragano d’angosciose ore rovinava. Nostalgico il pianto della rondine orfana del nido senza requie erra, il silente passo del destino sul tragico scenario di muta guerra. Schianto e stupore attonito il nobile larice abbattuto, le vigorose chiome al terreno prostrate, l’incendio dilagante del passato e d’incolori future giornate. Crudele ed implacabile la scure del destino, nel bosco desolato bandito soave l’ incantesimo il Ricordo è cenere, rimpianto e confino. Vola esule la solitaria rondine verso l’orizzonte della sua inquietudine. E vaga ancora in cerca del perduto nido disperata la rondinella, oscurato il bacio argenteo della sua stella. Il bosco risuona nell’incerta, livida ora del canto della Memoria e del rimpianto quando l’alba di lacrime solitarie il cielo scolora. |
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